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martedì 8 maggio 2007

Le persone destinatarie dei Dico non sono legittimate a partecipare al Family Day

Le persone destinatarie dei Dico non sono legittimate a partecipare. Io questa sfida la prendo, ma dico agli organizzatori del Family day — e qui sì, gli occhi di Rosy cercano la Binetti — «non fate confusione andando a manifestare in nome della famiglia contro qualcosa che con la famiglia non ha niente a che vedere». Si chiude così il primo appuntamento unitario convocato dal Pd nel tentativo di disinnescare il Family day col lancio di un nuovo welfare: casa, asili nido, occupazione femminile, sostegno alle famiglie con figli...

http://www.corriere.it

Ho letto bene: "Le persone destinatarie dei Dico non sono legittimate a partecipare"

Ci sono, in Italia, anno 2007, nascita del "Partito Democratico", persone che, in quanto appartenenti ad una categoria (in questo caso i destinatari dei Dico) non sono legittimate a parlare pubblicamente, in questo caso di famiglie, nel corso di una manifestazione a sostegno delle famiglie.

Da segnalare il modo di riportare la notizia da parte di Repubblica.it che 'annega' le dichiarazioni del Ministro Bindi in una lunga premessa riguardante il dibattito sulle unioni omosessuali maschili in ambito ebraico: da sinistra, e in funzione anti israeliana, parlar male degli Ebrei, e seminare qua e là un po' di antisemitismo, affiancandolo all'omofobia, non guasta mai, sembra pensare Marco Politi

Comincia il rabbino di Roma Di Segni, con un excursus teologico sulla rivista ebraica Shalom. Il rabbino suscita un vespaio perché afferma che i Dico sono una "prima forma di riconoscimento legale" delle unioni omosessuali, mentre il Talmud babilonese respinge i contratti nuziale tra maschi e a questo divieto sono posti "limiti ritenuti insuperabili". Dunque pollice verso non alle convivenze in genere, ma specificatamente alle coppie omosessuali maschili. "Non tutto è moralmente accettabile", sancisce Di Segni, indicando l'"omosessualità maschile".

Replica furioso l'ulivista Franco Grillini parlando di inaccettabile "razzismo anti-omosessuale". Forse, aggiunge, il rabbino ha dimenticato che nei lager nazisti accanto agli ebrei c'erano anche gli omosessuali. Altrettanto tagliente il commento di Enrico Ollari, presidente di Gaylib, associazione omosessuale di centrodestra: "In Israele è riconosciuta l'unione gay celebrata all'estero. E a Tel Aviv, oltre alle tasse e alle norme sul diritto ereditario, le coppie di fatto godono di tutti i privilegi riservati alle coppie eterosessuali". Segue la provocazione: "Il rabbino preferirebbe israelizzare l'Italia o vaticanizzare Israele?".

Ma poiché due esegeti ebrei, fanno tre opinioni, ecco intervenire l'ex presidente delle Comunità ebraiche italiane, Amos Luzzatto, con una posizione diametralmente opposta a Di Segni. "Non vedo in quale forma dobbiamo temere che questa legge possa influenzare la famiglia e il matrimonio ebraico - ha sostenuto - e nessuno pretende che siano riconosciuti nella "ketubba" ebraica matrimoni di omosessuali o altri tipi di matrimoni diversi dalla nostra tradizione".
In realtà il rabbino Di Segni nel suo articolo allarga il discorso. A sua parere l'ebraismo italiano, adeguandosi troppo ai modelli di organizzazione della società non ebraica, rischia di estinguersi. E su questo allarme certamente si aprirà una discussione tra le comunità ebraiche.

Viviamo in un Paese ipocrita, dove chi scende in piazza a difendere la famiglia ne ha formata spesso più di una ed è artefice di “scandali” mediatici, farciti da foto squallide e da lettere impudiche di mogli pseudoaffrante che invocano dignità. E la loro?
Nel frattempo, centinaia di migliaia di cittadini italiani sono private del diritto di vedere riconosciute le forme di famiglia nelle quali vivono e si dibattono quotidianamente tra l’ipocrisia e i pregiudizi dei bempensanti difensori della famiglia (“Quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv”, per riprendere Frankie-hi-nrg), tra le parole offensive delle gerarchie ecclesiastiche, quelle ignoranti del ministro della Giustizia e quelle ambigue, mai abbastanza coraggiose, della ministra della Famiglia.
A tutto ciò, si aggiunge il silenzio imbarazzante di quella parte politica che più di ogni altra dovrebbe ergersi a tutela della laicità dello Stato, ma che ha appena compiuto un’operazione di restyling per pulirsi la coscienza dal peccato originale di essere stata in gioventù comunista, sacrificando ideali e valori sull’altare della mera gestione del potere. Tutto ciò è sconfortante.

http://antigone.ilcannocchiale.it

«Non condivido la scelta del ministro Rosy Bindi di non invitare le organizzazioni omosessuali al convegno sulla famiglia. Ritengo pertanto che nemmeno la mia partecipazione sia opportuna». È quanto ha detto il ministro Paolo Ferrero dopo la decisione della sua collega di governo di escludere le associazioni gay dalla Conferenza nazionale sulla famiglia che si terrà a fine mese a Firenze.

http://www.corriere.it

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