In Italia di psicoanalisti ce ne furono fin dagli albori, e ce ne sono tuttora tanti.
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Sergio Mellina - (PM, 12 Giugno 2001) - Se l'altro è un immigrato: Aspetti multiculturali della salute e dell'incontro con l'altro
Giovanni Jervis: Che cos'è l'identità?
Il pensiero psicoanalitico, però, nei suoi percorsi, nei suoi anche contradditori sviluppi, sia in campo clinico, medico e laico, sia in campo filosofico e politico, non è mai penetrato nella società italiana, nè dalla porta destra, per i noti pregiudizi razziali fascisti, né da quella sinistra, per i noti pregiudizi materialistici, originati dalla cattiva traduzione, in lingua italiana, di un pensiero nato già morto, il materialismo dialettico di staliniana memoria.In Italia contano solo e ancora lo spirito, che, tranne nella sua versione alcolica, è monopolio della chiesa cattolica, e la materia, ottocentescamente intesa come ciò che si puo' vedere e toccare.
La psiche non esiste, né personale né collettiva, né conscia né inconscia, e la filosofia sopravvive solo (da 400 anni) nelle ristrette accademie e nei 'porta a porta' televisivi.
Ma qualcuno ci prova, di tanto in tanto, da non addetto ai lavori, a dire qualcosa di sapore analitico, ad esempio Beppe Grillo sul suo blog, ed i suoi allievi commentatori:
Gli italiani non sono razzisti. Non vogliono essere razzisti. Non possono essere razzisti. Gli italiani sono brava gente, pizza e mandolino. Un italiano può accettare di essere chiamato in vari modi: evasore, mafioso, corrotto. Non fa una piega. Per lui sono complimenti. Ma se lo chiami razzista diventa una bestia. E più è di sinistra, più si incazza.
E’ una lotta con sé stesso. Una lotta che ha risolto con il razzismo all’italiana. Un razzismo che non c’è, ma c’è. Un razzismo che ci fa sentire tutti più buoni. Insomma, l’italiano ha rimosso il razzismo. Lo ha fatto con discrezione, dando il giusto peso alle notizie.
http://www.beppegrillo.it
L’appartenenza ad un gruppo, l’identificazione e la delega delle proprie decisioni ad un leader portano il paziente a conformarsi alla propaganda di codesto gruppo. Il processo di assimilazione della propaganda prescinde dalla correttezza. Perciò, generalizzando, in ambito sociale (per esempio la propaganda di guerra dei nostri giorni) l’efficacia della propaganda è proporzionale all’aumento del numero di soggetti ricettivi. Per fare ciò è opportuno stimolare l’inconscio delle masse portando gli individui a rivivere (sebbene in maniera approssimativa e inconscia ma altamente evocativa) le vicende del genitore cattivo. E chi è più cattivo di un genitore che non rispetta i patti, che progetta armi di sterminio di massa, che ci può avvelenare con microbi o con gas letali? E quale migliore sostituto di un così cattivo genitore può essere se non un presidente duro ma giusto, implacabile ma corretto, capo di un esercito "democratico"?
Propaganda e psicoanalisi (Gian Mario Salis)Associazione Europea di Psicoanalisi
http://www.aepsi.it
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