Differenza tra psichiatria e psicologia part.#1
Pubblicato da Associazione Tipi tosti alle 10:51 in Current Affairs
http://tipitosti.blogosfere.it/2006/06/differenza-tra.htmlDiscorso tenuto ad una conferenza sulla psichiatria dal Prof. Borgna.
Grazie, sono cose troppo generose ascoltate da parte di M. Armezzani che ha scritto libri che non ha citato e nei quali la sua fondazione filosofica Husserliana raggiunge verità sconvolgenti e incomparabili, uso aggettivi consapevole che a volte solo questi riescono a rendere viva una partecipazione, una comunicazione. Ma sempre al di là di questo rigore Husserliano, loro conosceranno certo qualcosa di Husserl: vertigini, abissi, anche asperità a volte insormontabili a differenza di Martin Heidegger che ha reso più semplice e immediato il discorso assoluto di Husserl.
Al di là di queste fondazioni scientifiche assolute, come sempre nei suoi libri è in lei questo timbro, questa nota, questa risonanza di partecipazione umana, di comprensione e di simpatia per gli altri. Forse qualcuno di voi avrà letto qualcosa di Max Scheller il quale scrive che "senza simpatia non c'è conoscenza"; del resto su questa scia sia Goethe da una parte, ma anche Binswanger, uno dei più grandi psichiatri e filosofi del nostro tempo, ha scritto che "senza simpatia e senza amore non comprendiamo nulla di cosa gli altri siano, ma soprattutto non comprendiamo nulla di cosa gli altri vivono, soprattutto quando le ombre della tristezza e della malinconia, dolore e sofferenza scendono in noi". Io qui sono un po' sperduto, perché sono un semplice medico che ha lavorato prima in un grande ospedale psichiatrico e poi continua anche a farlo in un servizio psichiatrico di un ospedale generale, per cui nei confronti di fondazioni psicologiche e filosofiche molto alte, fatte in istituti come questi, noi siamo pratici che cercano comunque di mantenere viva anche nella prassi a volte più dolorosa e dura questa fiamma della riflessione e della soggettività, tema non solo filosofico ma che fa parte di ogni ricerca e di ogni riflessione sia di psicologia che di psichiatria.
L'oggetto della psichiatria e della psicologia quali sono? Qui si scindono, si separano due weltashaung, due concezioni teoriche e pratiche totalmente e radicalmente diverse. Se l'oggetto della psichiatria e della psicologia è soltanto la ricerca dei disturbi, dei fenomeni e delle alterazioni che avvengono a livello delle strutture encefaliche o a livello di una semplice descrittività di comportamenti, allora sia le cose ascoltate , sia ciò che caratterizza le psichiatrie e psicologie alternative a quelle dominanti che, da una parte in psichiatria fanno degli psicofarmaci l'idolo Baconiano su cui sacrificare qualunque dialogo e colloquio, dall'altra invece quelle psicologie, chiamiamole per intenderci comportamentistiche, che si sottraggono all'impegno, allo scacco, al fallimento della ricerca di cosa si muova non dentro ai comportamenti, all'esteriorità (Erinas: non so se questo nome di psicologo e filosofo vi dice qualcosa…). Rimanendo così queste psichiatrie e psicologie estranee alla tesi che l'oggetto della psicologia sia il soggetto, la soggettività, questi arcipelaghi sconfinati rappresentati dalla vita interiore e dalla interiorità. Novalis una volta ha scritto "il cammino misterioso della conoscenza va verso l'interno", qui ognuno fa le sue scelte e non ci sono verità assolute o che qualcuno possa ritenersi portatore di una onnipotenza culturale e conoscitiva perché allora non conosceremmo nulla, non ammetteremmo nulla delle infinite contraddizioni, delle antinomie radicali e assolute che ci sono dentro noi innanzi tutto, e dentro la realtà umana, i cuori, le menti di quanti chiedono aiuto e si rivolgono a psicologia e psichiatria per essere ascoltati e senza rifiuti, giudizi radicali, assoluti e manichei. Il tema, le connessioni, le infiltrazioni fra letteratura e psicologia solo apparentemente sono estranee al contesto pratico di agire, qualche citazione mi è inevitabile perché c'è il rischio, quando si dicono cose che almeno apparentemente si distaccano dal linguaggio comune di psicologia e psichiatria, di essere considerati sognatori o rapsodi senza una reale cultura, una reale capacità di trasformare il mondo, evidentemente soltanto per questo il criterio su cui si giudica in ultima istanza il significato e senso di ogni psichiatria e psicologia.
Quindi il cercare di usare il linguaggio della vita quotidiana e di cogliere aspetti comuni, sia della vita psicologica considerata seppur astrattamente normale, in quella invece segnata da psicosi e follia, cioè cercare sentieri comuni non è espressione di follia di pochi psichiatri e psicologi che vivono e cercano di avvicinarsi al linguaggio cifrato delle stelle, ma rappresenta una forma concreta di visione della vita, ma soprattutto di interpretazione della vita psicologica, ma anche per quanto mi riguarda, della vita segnata da questo enigma che resta ancora profondamente tale e abissale dell'angoscia, della disperazione, della malinconia, della follia e dell'esperienza psicotica. Karl Jaspers filosofo grandissimo, ma prima psichiatra che ha scritto il primo grande libro di psicopatologia generale ancora oggi tradotto, seppur in un italiano pessimo, Jaspers ha scritto che non ci sono ne psicologie né psichiatrie degne di questo nome che non cerchino di confrontarsi e correlarsi permanentemente con le analisi, le ricerche , le invenzioni, la grazia di letterature, di narrative, di poesie, e creazioni che sappiano rendere meno drammatico, meno insuperabile questo ponte che separa (interrotto e bruciato) quella che è l'anima, la conoscenza della vita affettivo-emozionale, la disperazione a volte anche la follia, degli altri.
Quindi l'esperienza letteraria; alcuni grandi testi che aiutino psicologia e psichiatria ad uscire dalla solitudine disperata in cui a volte queste due discipline vivono; e che rendano quindi meno acuta e straziante la diversità che può esistere tra noi e chi chiede aiuto a noi. Ogni esperienza di sofferenza, ma in particolare ogni esperienza psicotica, cambia profondamente e radicalmente le dimensioni della soggettività del tempo e dello spazio in cui viviamo quando siamo angosciati o tristi , disperati o invece trasformati dagli aironi della gioia e dell'esultanza, già queste parole e tematiche vorrebbero subito indicare come il tema soggetto-oggetto di ogni psichiatria e psicologia che cercano disperatamente di calarsi dentro, di immedesimarsi dentro volti, sguardi, fantasmi, immagini ed esperienze affettive-emozionali che gli altri fanno. Solo se fra ciascuno di noi la conoscenza si muove sul sentiero seppur segmentato e pericolante dell'introspezione, dell'analisi interiore di ciò che noi siamo, di quello che noi proviamo, solo in questo modo forse si apre una possibilità concreta per cercare di cogliere cosa gli altri vivono, sentono, provano sul piano dei loro sentimenti feriti, calpestati, lacerati e infiammati.
Chi parla fa della psichiatria pratica per cui non è, lo ripeto, qualcuno che viva nei laboratori siderali della ricerca farmacologica pura, e pure della pura speculazione filosofica. Tradurre questi temi sia pure sfrangiati, rapidi, sommari, in quella pratica clinica che diventa tramite essenziale per poter distinguere le psichiatrie utili dalle inutili, le psichiatrie che si riempiono di violenza ( e la cosa ahimè accade spesso), dalle psichiatrie che invece cerchino di sottrarsi da ogni violenza, esige innanzitutto (questa ricerca e sforzo esigono) che si colgano aspetti essenziali, strutturali di una esperienza umana quando questa è segnata, sconvolta dalla sofferenza oppure dalla follia. Nell'ospedale psichiatrico di Novara, anche se le ribalte non sono mai state accese, e non dico questo per insensata auto-trionfalizzazione, ma per indicare le connessioni tra teoria e prassi, ed in particolare di una prassi che tende a modificare spero la teoria, consentono che (come avviene a Novara) il reparto di psichiatria sia totalmente aperto senza mai nessuna contenzione, né abusi insensati di farmaci, senza mai che nessuna porta sia chiusa ma, in questo modo, quando c'è un'atmosfera interna (il merito non è mio ma soprattutto di infermieri/e che lavorano), quando si riesce a cogliere quali sono le strutture portanti di un'esperienza psicotica, allora ci si accorge che le differenze, le separazioni fra quello che è normale e quello che viene dichiarato anormale, sono differenze che scompaiono o che finiscono da una parte e dall'altra. Anche nelle esperienze psicotiche estreme, quelle che segnate nei comportamenti sembrano segnare una differenza ontologica fra l'essere sani e il non esserlo più, in realtà rivelano vite interiori, anime ferite ed i comportamenti sono solo qualcosa di subalterno, di solo apparentemente incomprensibile.
I comportamenti devono essere trasformati, interpretati cercando di cogliere quali siano i significati che in comportamenti a volte aggressivi e disperati nascano da una disperata esigenza di aiuto, da un appello che nasce dal cuore sempre lacerato e logorato ogni testo letterario, quando riesca a superare certo le incrostazioni e i paradigmi della narratività pura e riesca a cogliere cosa gli infiniti modi della vita che ci sono in noi, gli infiniti modi con cui ognuno riesce a rivivere la propria angoscia o disperazione, perché anche qui psichiatria e psicologia che non si riducano sul piano della mimesi di psichiatrie e psicologie oggettivanti e riduzionistiche, sanno come il linguaggio sia essenziale per cogliere significati e per non aggredire gli altri; a volte soprattutto quando chi chiede aiuto è sommerso da orizzonti sempre più chiusi, più disperati, a volte certo solo il linguaggio del corpo, lo stringere una mano, uno sguardo che riesca ad essere portatore di comunicazione e simpatia, riesce ad essere strumento terapeutico.
© Eugenio Borgna
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