“Io sono responsabile della mia rosa” ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.
… l’essenziale è invisibile agli occhi…
Già. Facile a dirsi. Eppure negli ultimi 3 anni, e in particolare in queste ultime settimane, qualcosa abbiamo intuito (non necessariamente ‘capito’)
I mondi virtuali e i social network promettono molto, raramente mantengono, ma nell’impermanenza qualcosa cresce, continua e mette radici, oltre l’effimero, che è cosa diversa.
Qualcuno ha scritto che in un mondo di mercanti e di merci è impossibile essere e trovare amici, perchè prevale l’interesse privato sulla relazione, sui sentimenti, sulle emozioni.
Abbiamo scoperto, proprio grazie ai social network e a Second Life che non è necessariamente così.
La bellissima canzone Firenze bottegaia ci ricorda che, oltre la nostalgia, vive un mondo interumano fatto di scambi, materiali e immateriali.
La ricchezza è indispensabile al nostro ben essere, tanto quanto i “valori” della modestia e della “povertà”, intesa, quest’ultima, non come l’espressione dell’invidia per chi più possiede, ma come capacità di rinuncia a qualcosa, e si puo’ rinunciare solo quando già si possiede, Buddha Siddharta e San Francesco ce lo ricordano.
Il prossimo incerto futuro umano richiede e impone molte rinunce, e trattiene, mantiene nella povertà, quella vera e priva di qualunque “valore”, e nell’oppressione una parte crescente della nostra interconnessa e globale società.
Qualche via però si intravvede, a partire proprio dal concetto di “proprietà”, di quella ricchezza cui è impensabile rinunciare, pena il regresso non certo all’età dell’oro, ma alla più feroce barbarie.
In Second Life e nei Social Network investiamo gran parte ormai del nostro tempo, e anche del nostro denaro (per comprare land e oggetti vari, per poter giocare, prendere parte al gioco, e anche per provare a metterci in gioco)
Ma di quel che compriamo, che cosa realmente “possediamo” ? E’ pensabile, nel 2010, andare oltre il concetto di “ownership”, di proprietà?
A me pare che ci siamo quasi, perchè un numero crescente di noi ha capito che tutto quello per cui spendiamo, o meglio in cui e per cui “ci” spendiamo, finisce di appartenerci nel momento stesso in cui viene “messo in rete”, cioè in comune, indiviso e condiviso con altri.
Comprese le idee, quelle che un tempo si sarebbero chiamate “ideologie”, i valori alti, la profondità dei sogni e dei desideri di ciascuno, insondabilie profondità, di cui non finiamo di scandagliare il fondo, stupendoci ogni volta di quanto poco se ne sia esplorato fino a un attimo prima, e di quanto siamo lontani dal raggiungere un “fondo”
Ci scopriamo, rimaniamo scoperti e fragili, e decisi a difendere questa posizione così vulnerabile.
Perchè ha una qualità, è vera, autentica, fonte di un nuovo possibile genere di ricchezza.
Una ricchezza leggera, fatta di scoppi di risa (a volte anche di commosso pianto), di divertimento non futile, di allegria, di trasgressioni che spostano il nostro baricentro, e ci proiettano a roteare in orbite nuove, ciascuno la sua, ma attraversata da altre, e certo anche di importanti e impegnati eventi e manifestazioni, riflessioni, letture, dibattiti…
Ecco, la nostra rosa.
Esserne responsabili, come, dobbiamo scoprirlo insieme, non esiste una ricetta già data, o già scritta.
Da una nota su Facebook, http://www.facebook.com/note.php?saved&&suggest¬e_id=387295845973
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